lunedì 30 aprile 2012

Il lavoro che non c'è



Il giorno che viene, la "festa" dei lavoratori, di chi costantemente, con il suo sudore, continua ad onorare il giorno, nonostante governi che calpestano i diritti, che lottano per il pane da portare a casa, ha assunto negli ultimi anni un significato drammatico. La crisi che oggi assorda le nostre orecchie porta i nomi dei 23 imprenditori suicidi dall'inizio del 2012, dei giovani costretti a lavorare sottopagati e sfruttati, degli operai da mesi a cavallo di una gru o a combattere contro colossi internazionali, degli operatori dell'ACMS finiti per strada, dei precari e dei cassaintegrati, di chi perde la 
 dignità a causa di pensioni misere e di chi le pensioni non le vedrà mai, di chi fugge da un paese in miseria e chi comunque decide di restare provando a cambiare le cose, nonostante il rischio di finire come don chisciotte a lottare contro i mulini a vento. Del resto le lotte operaie hanno insegnato che il grigio non può esser l'unica alternativa al bianco e nero.
Eppure oggi vengono conati di vomito e indignazione alle stelle al solo pensiero, delle classi privilegiate, delle caste, e di chiunque, governando, leva ogni briciolo di dignità a tutti coloro che lavorando pagano i benefit e i bonus di questi signori.
L'Italia è un paese strano, vecchio, bigotto e moralista, che costringe i più coraggiosi a cercare fortuna all'estero e i più deboli a restare, magari convincendoli che possono cambiare le cose da dentro. Arrivare a questa deduzione non è arrendersi, ma prendere atto che in più di centocinquant'anni di unione di questo staterello, nessun passo avanti (eccezion fatta per la cacciata, quasi definitiva dei fascisti) è stato fatto.
Lo scorso anno, cavalcando la scia delle rivolte arabe, un vento nuovo sembrava soffiare in ogni direzione. Era il vento del cambiamento, che doveva sovvertire i sistemi economico politici del mondo intero, e che non ha portato altro che ulteriore miseria, delusione e rammarico, infrangendosi contro il muro dell'indifferenza. Perchè è indubbio che se questa crisi corre ancora forte, è perchè tutti noi la lasciamo correre senza provare a fermarla, boicottando e puntando all'autosufficienza, pensando globale e agendo locale. Peter Pan la sua isola l'ha trovata...
E' davvero il caso di considerare questa Giornata come una festa? C'è bisogno di fermarsi, fare silenzio e ripartire dal primo caposaldo della nostra Carta Costituzionale, "l'Italia è Repubblica democratica fondata sul lavoro". O no?
Emanuele Repola

Nessun commento:

Posta un commento