Il giorno che viene, la "festa" dei lavoratori, di chi costantemente, con il suo sudore, continua ad onorare il giorno, nonostante governi che calpestano i diritti, che lottano per il pane da portare a casa, ha assunto negli ultimi anni un significato drammatico. La crisi che oggi assorda le nostre orecchie porta i nomi dei 23 imprenditori suicidi dall'inizio del 2012, dei giovani costretti a lavorare sottopagati e sfruttati, degli operai da mesi a cavallo di una gru o a combattere contro colossi internazionali, degli operatori dell'ACMS finiti per strada, dei precari e dei cassaintegrati, di chi perde la
dignità a causa di pensioni misere e di chi le pensioni non le vedrà mai, di chi fugge da un paese in miseria e chi comunque decide di restare provando a cambiare le cose, nonostante il rischio di finire come don chisciotte a lottare contro i mulini a vento. Del resto le lotte operaie hanno insegnato che il grigio non può esser l'unica alternativa al bianco e nero.
Eppure oggi vengono conati di vomito e indignazione alle stelle al solo pensiero, delle classi privilegiate, delle caste, e di chiunque, governando, leva ogni briciolo di dignità a tutti coloro che lavorando pagano i benefit e i bonus di questi signori.
L'Italia è un paese strano, vecchio, bigotto e moralista, che costringe i più coraggiosi a cercare fortuna all'estero e i più deboli a restare, magari convincendoli che possono cambiare le cose da dentro. Arrivare a questa deduzione non è arrendersi, ma prendere atto che in più di centocinquant'anni di unione di questo staterello, nessun passo avanti (eccezion fatta per la cacciata, quasi definitiva dei fascisti) è stato fatto.
Lo scorso anno, cavalcando la scia delle rivolte arabe, un vento nuovo sembrava soffiare in ogni direzione. Era il vento del cambiamento, che doveva sovvertire i sistemi economico politici del mondo intero, e che non ha portato altro che ulteriore miseria, delusione e rammarico, infrangendosi contro il muro dell'indifferenza. Perchè è indubbio che se questa crisi corre ancora forte, è perchè tutti noi la lasciamo correre senza provare a fermarla, boicottando e puntando all'autosufficienza, pensando globale e agendo locale. Peter Pan la sua isola l'ha trovata...
E' davvero il caso di considerare questa Giornata come una festa? C'è bisogno di fermarsi, fare silenzio e ripartire dal primo caposaldo della nostra Carta Costituzionale, "l'Italia è Repubblica democratica fondata sul lavoro". O no?
Emanuele Repola